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Article

French, Italian

ID: <

oai:doaj.org/article:ef295c32d32c459cad933f7ef8aa5cf2

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DOI: <

10.4000/italies.727

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Cattive maniere (e buona condotta) nella Napoli di Petrarca e Boccaccio

Abstract

Napoli è presentata nella tradizione letteraria come una città pericolosa, in cui si incontrano rischi di ogni tipo. A differenza dei luoghi vicini, che sono immagine perfetta del locus amoenus, essa è soprattutto il luogo dell’avventura, della violenza, della frode. Boccaccio e Petrarca, quasi nei medesimi anni, offrono testimonianze precise di questa realtà. In alcune lettere, scritte nel 1343, il poeta del Canzoniere descrive una corte in cui ogni forma di regalità è degradata. Ma non è solo il potere a mostrare segni di degenerazione. La stessa vita quotidiana appare sottratta a qualunque legge. Di notte bande di giovani imperversano dovunque senza ostacolo, rendendo difficile e pericoloso il cammino. La cose non vanno meglio di giorno. Petrarca racconta uno spietato gioco gladiatorio, in cui un giovane può essere sgozzato, tra gli applausi di un pubblico scatenato. Non meno diverso è l’atteggiamento di Boccaccio. Nella novella di Andreuccio da Perugia egli mostra le peripezie di un giovane sprovveduto in mezzo a truffatori di ogni tipo. Tuttavia, proprio per sopravvivere, Andreuccio impara in fretta la capacità di difendersi dalle minacce e dalle trappole. La sua notte in mezzo ai vicoli diventa, così, anche un paradossale percorso di formazione.

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